La scomparsa del Maestro della Pop Art

La scomparsa del Mestro della Pop Art

Il 20 luglio 2015 si è spenta una stella che ha reso più allegro e più colorato il firmamento del magico mondo dell’abbigliamento internazionale.

Lo stilista milanese Elio Fiorucci, geniale innovatore della moda cosmopolita, è venuto a mancare in solitudine, stroncato da un improvviso malore nella sua casa di Milano.

Aveva compiuto 80 anni, ma la sua scomparsa ha colto parenti ed amici di sorpresa poiché godeva di ottima salute, ancora partecipe della sua attività creativa con freschezza e con vivacità.

Con Fiorucci viene a mancare uno dei più amati e stimati artefici del made in Italy che ha contribuito ad innalzare l’immagine dell’Italia a capitale mondiale della moda. La sua storia è simile a quella di altri insigni pionieri dell’imprenditoria, uomini caratterizzati da intuizione da lungimiranza e da coraggio industriale.

Alla fine degli anni 60 rivoluzionò la moda ispirato dalla forza del colore e della Pop-Art scardinando le regole classiche della moda borghese e rendendo la sua giovanile produzione alla portata di tutti.

Il percorso di un uomo che ha cambiato il modo di vestirsi  inventando l’unisex, le felpe e le T-shirt. Altrettanto esplosive le borse: di pelle di tessuto , di plastica o di paglia sempre contraddistinte dall’inconfondibile look di provocazione e colore. Vi sono molti modi per valutare la grandezza di un uomo: uno è certamente il segno tangibile di ciò che ha lasciato in eredità e in memoria al genere umano, ma il migliore è di sicuro il ricordo istintivo che si può coglierenelle parole della gente.

Un Diamante per Sempre

Dalle Ceneri ai Diamanti

Attraverso un procedimento chimico in laboratorio, il carbonio contenuto nelle ceneri del defunto diventa una pietra preziosa, che, “in base alla quantità di boro presente, può assumere varie tinte di blu”.

Il procedimento permette a chi “rimane” di tenere sempre vicino a sé il caro estinto.

Un diamante è per sempre

Vale per i gioielli regalati, ma non solo, da alcuni anni l’usanza di trasformare in diamanti le ceneri di una persona cara scomparsa si sta diffondendo anche in Italia.

Si tratta di una sepoltura “alternativa”, che supera le barriere della tradizione.

“Il primo piccolo boom di richieste in Italia si è avuto nel 2010, da allora sono state alcune decine di persone quelle che hanno voluto trasformare le ceneri del proprio caro in diamante.

Una volta estratto il carbonio dalle ceneri (quelle dei defunti italiani, per legge, devono essere utilizzate in toto) nei laboratori vengono ricreate le medesime condizioni di temperatura e pressione che in natura portano alla formazione dei diamanti." 

Ciò che si ottiene sono veri diamanti con le medesime caratteristiche ottiche, fisiche e chimiche dei diamanti naturali.

Il processo al momento può avvenire solo in Svizzera, in Italia non è previsto.

L’unico atto burocratico richiesto ai cittadini italiani che desiderano procedere è il passaporto mortuario emesso dal comune di residenza, che consente di trasferire l’urna all’estero ai fini della sepoltura.

Ma in Italia esiste ancora una certa ritrosia verso questa pratica, proprio per “questioni culturali”.

La maggior parte di richieste arriva comunque dal centro-nord, in particolare da Lazio, Lombardia, Piemonte, Liguria e Toscana.

Nei laboratori Svizzeri nascono ogni anno circa 1.000 “diamanti della memoria” e “le maggiori richieste si hanno dal Giappone, mentre, per quanto riguarda l’Europa, da Germania, Austria, Svizzera e Spagna”.

Che cos’è un Requiem?

La parola Requiem

«Requiem aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis.» («L'eterno riposo dona loro, Signore, e splenda ad essi la luce perpetua.») sono le parole iniziali dell’Introito della Messa dei defunti del rito cattolico latino.

Questa liturgia è eseguita e celebrata in memoria del defunto e si articola in nove sezioni: Introito, (Requiem) Kyrie, Graduale, Tratto, Sequenza, (Dies irae) Offertorio, Sanctus e Benedictus, Agnus dei, Communio, (Lux aeterna).

Si tratta di testi drammatici e coinvolgenti che hanno ispirato tantissimi musicisti di derivazione classica alla composizione di liriche chiamate appunto Requiem, come la prima parola dell’Introito

Il legame con le liturgie cattoliche non è rimasto esclusivo, i Requiem nel corso della storia hanno infatti coinvolto molti altri credo, alcuni esempi sono i Requiem tedeschi, inglesi, i Kaddish ebraici, greco-ortodossi e i Panikhidia per i russi ortodossi.

Storia della relazione fra musica e morte

Nell’antichità, il trapasso veniva spesso accompagnato da manifestazioni collettive in cui la musica giocava un ruolo centrale.

Gli antichi greci avevano numerose forme di lirica corale dedicata specificatamente ai riti funebri, come “il treno” e l’”epicèdio”, canti Funebri particolarmente celebrati da Simonide, poeta lirico antico del V sec. a.C..

Presso i romani, invece, la musica non raggiunse mai la stessa importanza, anzi per le loro rappresentazioni religiose e civili i musici venivano chiamati, seppur schiavi, dalla stessa Grecia.

Nel Medioevo troviamo la nascita dei canti gregoriani. Le più antiche melodie gregoriane venivano associate ai testi per la messa e risalgono almeno al VII sec., la più recente è la sequenza del Dies irae di Tommaso da Celano m.1260. 

Tra il Cinquecento e Seicento furono composti Requiem nello stile polifonico, poi con la monodia armonizzata, fino ad arrivare, nel Settecento, all’esempio più famoso, la “Messa da Requiem in Re minore K 626”, composta da Mozart su commissione di uno sconosciuto.

Quest’opera contribuì decisamente alla diffusione del Requiem come grande forma musicale, coltivata in seguito da molti compositori dell’Ottocento che scrissero grandi capolavori, come: Cherubini, Berlioz, Dvorak, Liszt o Giuseppe Verdi che ha onorato Alessandro Manzoni per la sua morte con la sua famosissima Messa da Requiem nel 1874. 

Nel XX secolo questa forma di arte musicale si è evoluta includendo sempre più liriche di carattere non religioso: Requiem di guerra, pacifisti, sull’olocausto, legati ai crudeli avvenimenti che hanno segnato la storia del novecento.

Usanze popolari

Anche allontanandosi dagli ambienti ecclesiastici o altolocati non è mai mancato l’omaggio musicale ai defunti. 

In America ad esempio, le Street jazz band di New Orleans suonavano le Marce Funebri accompagnando il funerale verso il cimitero e, dopo avere lasciato la salma, si incamminavano verso il ritorno con esecuzioni di carattere ritmico e allegro che esprimevano la ricerca della forza e del coraggio per riprendere la vita di tutti i giorni. 

In Italia invece troviamo consuetudini ben diverse: in Sicilia fino a qualche decennio fa, la banda musicale suonava le marce funebri solo all’andata, mentre al ritorno dal cimitero dominava il silenzio e la vicinanza emotiva ai parenti del defunto. 

Ancora oggi in alcuni paesi, la morte di un parente in casa viene accompagnata con espressioni di dolore plateali, urla strazianti delle donne di famiglia più vicine al defunto, mamma, moglie, sorella. 

Questi lamenti funebri in realtà hanno origine nell’antica Grecia dove vi erano addirittura le lamentatrici, donne che a pagamento eseguivano i canti funebri e di elogio del defunto. 

Non si trova traccia dell’uso di lamenti funebri al di fuori dei territori di origine greca, per cui il nostro lamento popolare del Venerdì Santo o per il lutto familiare è senz’altro un lascito della vicina MagnaGrecia, presentando anche caratteri musicali di sicura ascendenza araba medievale.

Come si festeggia in Messico el Día de los Muertos

Il 2 Novembre

Oggi è il giorno della Commemorazione dei defunti, una ricorrenza propria della Chiesa Cattolica, che nasce su ispirazione di un rito bizantino che celebrava tutti i morti.

Nella Chiesa latina il rito viene fatto risalire all’abate benedettino sant’Odilone di Cluny che nel 998 d.C. pare stabilì di far suonare le campane dell’abbazia dopo i vespri del 1 Novembre, proprio per celebrare i morti. 

Solo in un secondo momento il rito venne esteso a tutta la Chiesa Cattolica.

El Día de los Muertos

ll Giorno dei Morti è una festa molto popolare anche in America Latina, in particolare in Messico, tanto che “el Día de los Muertos” messicano è diventato patrimonio dell'umanità nel 2003.

Questa festa perde i cupi toni europei di tristezza e si trasforma in un momento di gioia per celebrare la vita dei defunti, le cui anime tornano a trovare i propri cari per accettare le loro offerte e ritrovare il calore della famiglia e degli amici. 

el Día de los Muertos in Messico rappresenta una celebrazione unica al mondo, che unisce antichi riti maya, aztechi e di altre civiltà precolombiane alle tradizioni cristiane.

Come si festeggia

1. Un altare creativo

La prima cosa da fare per celebrare con entusiasmo i propri morti è costruire un altare con i cibi e le bevande a loro preferite, decorato con candele e fiori, senza dimenticare la foto incorniciata della persona che si sta celebrando.

Il tempo trascorso all’altare dev’essere impiegato raccontando storie e aneddoti affettuosi sul defunto per celebrare la sua memoria in allegria.

2. Le Calaveras

Uno strumento immancabile sono le calaveras, ossia delle brevi poesie satiriche in forma di epitaffio.

Più divertenti sono, meglio è: terranno allegro il clima e la bellezza della memoria.

3. Le Ofrendas al sepolcro

La visita alle tombe dei propri cari può durare tutta la notte e deve essere accompagnata dalla creazione di fantasiose decorazioni con ofrendas (offerte), come arance marigolds chiamate “cempasúchitl", o "Flor de Muerto" (Fiore dei Morti), che si crede attraggano le anime dei morti, e con le bevande preferite dal defunto, o caramelle e giocattoli nel caso di los angelitos (piccoli angeli).

4. Far riposare le anime

Si usa portare anche cuscini e coperte da casa, in modo che lo spirito dei morti possa riposare dopo il viaggio.

5. Le Ofrendas a casa

Altri tipi di ofrendas di cibo sono lasciate fuori o in casa, per dare il benvenuto ai morti.

Si crede infatti che i morti mangeranno "l'essenza spirituale" del cibo, così quando le feste saranno terminate si potranno mangiare “gli avanzi”: Calaveras, teschi messicani di zucchero decorati con della glassa; Zucca candita; Pan de muerto, un pane dolce con le uova fatto in varie forme (semplici tondi, teschi, conigli) spesso decorate con glassa bianca per far sembrare che abbiano le ossa contorte; Atole, una bevanda calda a base di amido di mais.

6. A cena col morto

Il proposito è cucinare una vera e propria cena, apparecchiando per ogni persona di cui si vuole onorare la memoria e cucinando il loro piatto preferito.

7. Festeggiare!

Ma più di tutto, è fondamentale festeggiare!

Mangiare, ballare, raccontare storie e divertirsi, questo è quello per cui i defunti tornano in vita e vengono a far visita ai vivi: per passare del tempo spensierato e di qualità in loro presenza.

Il cortometraggio che alleghiamo si intitola “Dia de los Muertos” e mostra il vero significato di questa festa in Messico.

Il film, scritto e diretto da Ashley Graham, Kate Reynolds e Lindsey St. Pierre, ha vinto la medaglia d’oro al “2013 Student Academy Award” per il miglior corto animato.

8 curiose superstizioni presagio di morte

Quanti gesti, comportamenti, oggetti sono da sempre simboli positivi o negativi di presagi.

Senz’altro la vita dei superstiziosi non deve essere facile, ma abbandonare l’irrazionalità delle convinzioni e soffermarsi ad indagare i motivi alla base delle singole superstizioni può rivelarsi molto interessante.

01.Fiammiferi e sigarette

Sembra che se si accende in tre la sigaretta usando lo stesso fiammifero, il terzo morirà.

La convinzione risale alle trincee della Grande Guerra, infatti, il lampo di luce del fiammifero allertava il cecchino nemico, che aveva tempo di aggiustare la mira nel vedere la seconda sigaretta e sparare alla terza.

02.La terza bottiglia di vino

La regola del tre si ripete: attenzione all’ultimo goccio della terza bottiglia aperta e finita durante il pasto, chi la versa dovrebbe morire entro la fine dell’anno!

Ma lo scongiuro è semplice: aprirne un’altra, per “tirare il collo” alla quarta bottiglia.

03.La maledizione del cappello

Chi porta il cappello sappia che non lo deve assolutamente appoggiare su un letto o scatenerà un presagio di morte!

La spiegazione è che in passato chi lo faceva era o il medico che faceva visita a un malato o il sacerdote che si recava al capezzale di un moribondo.

04.La “mano del morto”

Giocatori di Poker fate attenzione alla doppia coppia costituita da due assi neri e due otto neri, la cosiddetta “mano del morto”: ce l’aveva in un saloon il pistolero Wild Bill Hickok, quando un tale gli sparò alle spalle uccidendolo!

05.Il canto del Cuculo

Pare che contando il numero di “cu-cu” del primo Cuculo che si sente cantare in primavera si sapranno gli anni rimasti da vivere.

Ma il povero volatile non porta solo sventura, sembra che se al suo canto si faranno tintinnare le monete delle proprie tasche o del proprio portafoglio, nel mese a seguire arriveranno guadagni insperati e abbondanti.

06.Gufare

Chi ipotizza prospettive spiacevoli è accusato di “gufare” perché anche il gufo è un volatile che non gode di buona fama. Si dice infatti che canti quando nel vicinato muore qualcuno.

Lo stesso presagio è indicato dal canto del gallo fuori orario, specie se nel cuore della notte.

07.Galateo dei fiori per superstiziosi

Se si va a trovare un superstizioso ricoverato in ospedale, mai e poi mai portargli un mazzo di fiori bianchi e rossi: sarebbe come annunciargli che il suo male è prossimo a peggiorare, fino alla morte.

L’unico modo che il malato superstizioso ha per esorcizzare il regalo sgradito è quello di donare i fiori alla cappella dell’ospedale.

08.Le sedie degli ospiti

Mai disporre in fila le sedie degli ospiti che si stanno aspettando, sembra attiri la morte.

Il semplice motivo è che così si collocavano in passato per ricevere parenti e conoscenti al momento di vegliare un defunto.

Queste sono solo alcune delle tantissime superstizione legate alla morte, ma per ognuna di esse c’è sempre una spiegazione razionale che può farci riscoprire tante usanze del passato e aiutarci a mantenerle vive nella nostra memoria.

Janis Joplin, vita e morte di una stella intramontabile

Il 4 Ottobre è stato il 45mo anniversario della morte di Janis Joplin, la leggendaria cantante blues-rock dalla voce roca e travolgente.

In quel giorno d’autunno del 1970, il mondo del rock non aveva ancora finito di piangere la morte di Jimi Hendrix, quando arrivò la notizia che al Landmark Motor Hotel di Hollywood era stato rinvenuto il corpo senza vita della cantante americana, stroncata da un'overdose di eroina. 

La regista Amy Berg ha voluto celebrare Janis con un documentario omonimo, nelle sale italiane dall’8 Ottobre, che restituisce la donna dietro il mito, con tutte le fragilità che l’hanno resa una figura immortale.

La versione in italiano del docufilm è doppiata da Gianna Nannini, la cantautrice italiana che sulla Jolpin ha basato la sua tesi di laurea e ora presta la sua voce fuori campo per la lettura dei diari e delle lettere che Janis scriveva ai suoi.

La pellicola è una delle tante che in questi ultimi anni hanno voluto ricordare la vita e la morte di quelle giovani e controverse rockstar del “Club 27”, che hanno segnato con le loro canzoni e performance l’esistenza di intere generazioni.

Il termine "Club 27" fu coniato a seguito della morte improvvisa e ravvicinata, tra il 1969 ed 1971, di 4 mostri sacri del Rock: Jim Morrison, Jimi Hendrix, Brian Jones e Janis Joplin.

Tutti hanno perso la vita, in circostanze più o meno sospette, all’età di 27 anni. Ma la leggenda maledetta del Rock non si è fermata con loro, la lista delle star decedute a 27 anni si è allungata negli anni successivi, includendo tanti nomi celebri della musica.

Il 2015 ha visto l’uscita di altre 2 biopic ufficiali di artisti appartenenti al “Club 27”: 

“Janis”, infatti, è stata preceduta nelle sale dall’uscita di “Amy – The Girl Behind the Name” di Asif Kapadia, il ritratto sincero e delicato del talento e della fragilità della dea bianca del Jazz Amy Winehouse, e da “Cobain: Montage of Heck” di Brett Morgen, primo documentario completamente autorizzato sul leader dei Nirvana.

I ritratti sono quelli di personalità sensibili e profonde, vittime dei propri stessi demoni, in lotta continua tra i sogni di gloria e le infinite insicurezze.

Quello che rimane a noi, passando oltre ad ogni interpretazione di gesti e segni, è l’intensità dei loro brani, delle loro performance, che ci trasmetteranno in eterno la passione per al musica e la vita.

la Romagna da Bere

LA ROMAGNA DA BERE

Passione, qualità e convivialità sono i tratti distintivi di Tenuta Casali, cantina di Mercato

Saraceno (FC) fondata nel 1978 da Valerio e Paolo Casali partendo dal podere coltivato

fin dal secondo dopoguerra dal nonno Mario. L’azienda porta avanti da sempre

lavalorizzazione dei vitigni autoctoni della Romagna, primo fra tutti il Sangiovese, che

negli ultimi anni ha fatto conoscere il nome di Tenuta Casali in tutta Italia e non solo,

grazie agli importanti riconoscimenti ottenuti in diversi concorsi enologici. Nei 20 ettari di

vignetosituati in collina in una zona particolarmente vocata vengono coltivati anche

Trebbiano, Cabernet Sauvignon, Merlot, Terrano e Merlot. La cantina è condotta a livello

familiare da Valerio e Paolo insieme alle giovani leve della famiglia: un mix di tradizione e

innovazione che permette all’azienda di crescere anno dopo anno, migliorando

costantemente la qualità dei vini e proponendo alcune nuove etichette molto interessanti.

I vigneti sono stati impiantati solo negli appezzamenti più vocati per qualità del terreno,

esposizione al sole e microclima. Questa tipologia di terreno garantisce vini con una

trama tannica molto raffinata e acidità ben integrata. Notevole importanza è da attribuire

alle escursioni termiche tipiche dei mesi di agosto e settembre che coincidono con la fase

di maturazione delle uve. Tale fenomeno è generato dai flussi di aria fresca che corrono

lungo l'asse fluviale della vallata del Savio. Le uve, favorite dall'insieme di questi fattori,

tendono ad acquisire particolari qualità organolettiche. Completamente rinnovata nel 1998,

la cantina, è dotata delle più moderne tecnologie del settore: le vasche in acciaio inox

dotate di tasche di raffreddamento, la possibilità di lavorare le uve con il sistema di

pressatura soffice, ed altre attrezzature all'avanguardia.

Sul fiume Gange

Il Gange è la meta di viaggi dei vivi e il luogo di destinazione dei morti.

In India i morti sono inceneriti sulle rive del Gange e le loro ceneri disperse nelle sue acque.

Sulle pietre sporgenti sul fiume le celebrazioni si susseguono senza sosta.

Durante il rito della cremazione non vi è tristezza , anzi il tono anche grazie ai colori molto vivaci sembra festoso.

Da tutte le parti arrivano i corpi avvolti in sudari bianchi, arancioni, rossi coperti di fiori legati a canne di bambù e trasportati alla pira a braccia, oppure su carretti trainati da buoi.

Nel luogo dove si praticano le incenerizioni degli addetti muniti di lunghe pertiche di bambù accudiscono ai fuochi mentre i corpi ardono.

La legna viene mercanteggiata ed acquistata e venduta a peso.

Si può stabilire la casta del defunto secondo la quantità di legna utilizzata per ardere il morto.

Il defunto viene lavato, gli vengono tagliati i capelli, barba ed unghie; i pollici vengono legati assieme.

Poi viene cosparso di pigmenti, avvolto in sudari puliti e deposto sulla catasta di legna aromatizzata con foglie di piante aromatiche, incenso sandalo e canfora.

Al primogenito del defunto o al più anziano tra i parenti maschi, che indossa una semplice tunica bianca viene rasato completamente il cranio: sarà lui a spargere sulla salma un po’ di riso, acqua e altre offerte che lo accompagneranno nel viaggio e ad accendere con l’aiuto di un fascio di paglia infiammata la pira funeraria.

Quelli che hanno la possibilità utilizzano del legno di sandalo per mescolare l’odore della carne in fiamme al profumo del legno.

 Infine i resti verranno dispersi nelle acque del fiume Gange, madre di tutti i fiumi.

Omaggio a Giorgio Faletti

Nel Luglio del 2014 a Torino è calato il sipario sul poliedrico artista piemontese Giorgio Faletti.

Così il mondo dello spettacolo, dell’arte e della narrativa italiana piange da allora uno dei suoi grandi protagonisti.

Il singolare cabarettista fu aprezzato fin dai suoi memorabili esordi per l’originale ed acuta interpretazione di personaggi dal volto periferico e popolare.

Artista a tutto tondo e uomo di cultura: comico, sceneggiatore, pittore e paroliere, ha saputo esprimersi anche in campo musicale, altro suo spiccato talento culminato nel riconoscimento della critica in Sanremo con un brano ispirato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e a tutti gli uomini delle loro scorte.

Nel 2002 quasi ci sorprendende pubblicando il suo nuovo ed avvincente giallo “ Io uccido” e dando il via alla sua nuova carriera creativa.

Giorgio aveva 63 anni e sicuramente ancora molto da consegnare al mondo dello spettacolo e dell’arte.

Ovunque sia adesso non faticherà a trovare nuovi spunti sui quali ricamare.

Questo è il nostro personale pensiero.

Un ricordo sincero ed un inchino sono di dovere: ci manchi già Giorgio.

La Vita, la Morte e la Musica

Quasi sempre i funerali, le sepolture e le commemorazioni sono accompagnati dall’esecuzione di musiche; accade in tutte le epoche e a tutte le latitudini.

Le emozioni scatenate da un lutto sono mutevoli: a volte variano velocemente, a volte molto lentamente, altre volte sembrano creare un muro che isola le persone, dominate completamente dalle proprie esperienze interiori.

Quando si è in questo stato della mente è molto difficile che altri sentimenti possano far breccia nel nostro animo.

La musica rappresenta un’eccezione in quanto può penetrare questo muro e raggiungere quelle sensazioni più intime che stiamo cercando di occultare.

La musica ha un grande potere proprio in virtù della sua forza per incanalare emozioni per demolire sentimenti repressi per armonizzare e per guidare verso le giuste direzioni.

I professionisti dell’organizzazione di una cerimonia funebre dovrebbero avere in mente dei cardini ben precisi: quale relazione intercorre tra un certo tipo di musica e la vita della persona scomparsa o quella dei dolenti? che ruolo hanno i brani selezionati con gli argomenti “morte “ e “lutto”?

Essere coerenti è importante, è il modo più efficace per trasformare la Musica nello strumento di comunicazione dei sentimenti reali e vivi.

La Musica mostra quanto la morte faccia parte della vita, sigillando un legame eterno.

Questa stretta interconnessione tra Morte, Musica e Vita trasformerà la percezione di evento isolato del funerale, aiutando a comprendere che l’essenza stessa della vita non si esaurisce con la morte.

Per approfondimenti pratici sui servizi musicali per cerimonie funebri, contattateci al 0547 611059.