Le tante facce della tavola dei morti

Quella della Tavola dei Morti è una tradizione universale che unisce le persone nella memoria dei propri cari. La si ritrova in molte culture e paesi diversi, declinata con usanze, modalità e simboli differenti, ma non è difficile individuare il fil rouge che le collega tutte: l’idea di celebrare la vita e la morte come parte del ciclo della natura, offrendo cibo, bevande e preghiere ai defunti in modo da mantenere vivo il loro ricordo e la loro presenza.

Questa tradizione, che può essere di impronta più nettamente religiosa così come una pratica familiare, è nota anche con il nome di “Tavola di San Giovanni”. Come è facilmente intuibile, si tratta di un rito durante il quale si allestisce una tavola con cibo, bevande e oggetti simbolici, come candele, fiori e fotografie del defunto.

In Italia, la Tavola dei Morti può essere allestita in occasione della perdita di una persona cara o durante la festa di Ognissanti, il 1 novembre. In molte regioni del Sud, la tavola viene preparata con dolci tradizionali, come le “Ossa dei Morti” o le “Zeppole di San Martino”, insieme a frutta secca, vino e cibi salati. In alcune zone, come in Sicilia, si utilizzano anche delle figure di pasta al forno, come le “Pupi cu l’ova”, simbolo della resurrezione.

In Messico si celebra il “Dia de los Muertos” il 2 novembre. In questa giornata, le famiglie allestiscono un vero e proprio Altare dei Morti in casa, decorandolo con teschi di zucchero, fiori di carta, veli di tulle e altri ornamenti colorati. Si dice che i morti tornino a visitare i loro cari in questa notte, richiamati e guidati proprio dall’altare e loro dedicato, e che il cibo e le bevande offerti sulla tavola possano nutrire le loro anime affamate.

In Cina, invece, la Tavola dei Morti è una parte importante del Qingming, che cade in primavera. Durante questa celebrazione, le famiglie visitano i cimiteri dei propri antenati e offrono cibo, incenso e denaro falso come offerta. Sulla Tavola dei Morti, in questo caso, vengono posti cibi che erano graditi ai defunti, come riso, frutta e pesce, insieme a oggetti simbolici come l’incenso e le candele.

In alcune culture africane, la Tavola dei Morti viene allestita durante la festa di Oya, che cade tra settembre e ottobre. In questo caso, la tavola viene preparata con i cibi e le bevande preferiti dal defunto, insieme a oggetti simbolici come corone di fiori e oggetti di valore. Si dice che, in questo modo, si possa comunicare con i propri antenati e chiedere il loro aiuto e la loro protezione.

I debiti del defunto: come gestirli?

La perdita di una persona cara è un avvenimento che, tra le varie cose, attiva la procedura di successione verso gli eredi sia del patrimonio del defunto sia, in particolari casi, dei debiti maturati da questo durante la sua vita terrena. Come comportarsi in situazioni di debiti ereditari?

Quali debiti vengono trasmessi agli eredi?

A differenza di quanto si pensa, non tutti i debiti sono trasmissibili agli eredi. Per esempio, tutti quei debiti derivanti dal gioco e dalle scommesse, le sanzioni penali, le sanzioni fiscali e amministrative, le obbligazioni nei confronti di enti come INPS o INAIL o le insolvenze cadute in prescrizione, sono tipologie di debiti che non vengono trasmesse nel processo di successione.

A questi si aggiungono gli alimenti dovuti all’ex coniuge o ai parenti, e le donazioni a enti caritatevoli od onlus. Tutti questi tipi di debiti si annullano nel momento del decesso.

Quali sono i debiti trasmissibili?

Le insolvenze a cui prestare attenzione durante una successione sono tutte quelle pendenze che rientrano nella categoria dei pagamenti irrisolti quando il defunto era ancora in vita. È importante ricordare che, in caso di debiti soggetti a interessi, questi continuano a maturare anche a carico degli eredi fino alla loro risoluzione.

Insolvenze come bollette scadute prima del decesso e spese condominiali non ancora pagate, così come le tasse e le sanzioni non ancora versate dal defunto, debiti come le cartelle esattoriali e le fideiussioni bancarie pendenti, fino ai più importanti mutui e finanziamenti stipulati dal defunto sono tutte tipologie di debiti che, nel momento della successione, passano a carico degli eredi.

È possibile evitare di pagare i debiti?

È importante sapere che le insolvenze vengono trasmesse agli eredi solo nel momento in cui questi accettano la successione dell’eredità, un processo che attiva la trasmissione del patrimonio del defunto, dai beni alle insolvenze.

Nell’ipotesi di rinuncia all’eredità, i debiti decadono automaticamente e non influenzano in alcun modo i responsabili della successione. Questo procedimento, però, porta al rifiuto anche di tutti i crediti e i beni materiali posseduti dal defunto: è quindi fondamentale valutare bene vantaggi e svantaggi di questa procedura. Quindi sì, è possibile non pagare i debiti ereditari, ma al costo di rinunciare all’intera eredità

Se accettassi di pagare i debiti, come devo comportarmi?

Se sei un erede, naturale o nominato per testamento, e decidi di accettare i debiti del defunto hai due possibilità: accettare i debiti ereditari e farti carico di risolverli in autonomia oppure, in alternativa, scegliere di accettare l’eredità con beneficio d’inventario. Quest’ultimo procedimento è importante per tutelarti al meglio dai debiti ereditari perché protegge il tuo patrimonio personale. Grazie a questa procedura infatti il tuo patrimonio e quello del defunto vengono mantenuti separati, evitando così il rischio che i debiti ricadano interamente su ciò che possiedi. In caso di debiti ereditari maggiori del valore ereditato, l’erede è libero di restituire i beni ereditati ed evitare di farsi carico delle insolvenze del defunto.

Per conoscere a quanto ammontano i pesi ereditari è sufficiente contattare l’Agenzia delle Entrate e richiedere l’estratto di ruolo. Per farlo è necessario presentare il certificato di morte del defunto, un documento d’identità dell’erede, una dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio degli eredi e, in presenza di altri eredi, una delega firmata da questi ultimi.

In questo momento difficile, lo staff di Gori è al tuo fianco per aiutarti e supportarti durante la gestione della burocrazia. Rivolgiti a noi per maggiori informazioni.

Come scrivere un telegramma di condoglianze

In un’epoca come quella in cui viviamo, dove sembra non esserci più tempo per manifestare le proprie emozioni, non è facile trovarsi alle prese con il cordoglio e la necessità di approcciare una dimensione più intima e personale per esprimerlo ad una persona cara per trasmettere supporto, vicinanza e affetto.

Per questo motivo potrebbe non essere così semplice scrivere un telegramma di condoglianze, che pur rimane uno strumento particolarmente consigliato e adatto a queste circostanze: in quanto attestato emotivo conciso e breve, è il mezzo ideale per trasmettere la propria vicinanza al dispiacere del destinatario per la perdita della persona cara. Ci permette infatti di privilegiare la sintesi, la sobrietà e una adeguata formalità stilistica, da calibrare con la necessità di far emergere anche un reale sentimento di empatia nei confronti di chi sta affrontando il lutto e il rapporto che ci lega a questa persona. Il telegramma di condoglianze è consigliato nel caso di rapporti formali o non strettissimi con il destinatario. Se invece, si tratta di una relazione più confidenziale e intima, è sempre meglio provvedere a comunicare il proprio cordoglio con una

Cosa scrivere?

Qualora il telegramma si rivelasse essere la soluzione ideale, esistono una serie di frasi comunemente utilizzate, che rappresentano un buon punto di partenza. Prendendo spunto dall’articolo come scrivere frasi di condoglianza, qui di seguito alcuni suggerimenti che possono essere personalizzati a seconda della sensibilità di ognuno.

  • Vi giungano le mie più sentite condoglianze;
  • Partecipo commosso al vostro dolore e vi porgo le mie condoglianze;
  • In questo giorno di lutto mi stringo alla famiglia (nome) con sincero affetto e profondo dolore per la scomparsa del signor (nome);
  • So che le parole sono ben poca cosa in momenti come questo, ma il mio cuore è con voi;
  • Esprimiamo le più sincere condoglianze per questo profondo momento di lutto;
  • Non potendo essere vicino a voi in questa triste circostanze sappiate che il mio affetto è con voi;
  • Il ricordo del caro (nome) ci accompagnerà per sempre;
  • Partecipiamo commossi al vostro dolore;
  • Vi sono/siamo vicini in questo momento di dolore;
  • Rammaricati dell’aver appreso troppo tardi la triste notizia, vi giungano anche se in ritardo le nostre più sincere e sentite condoglianze;
  • Con commozione partecipiamo al vostro lutto. Possano le nostre preghiere recarvi conforto;
  • Le sono vicino in questo momento di sofferenza e mi stringo al dolore della vostra famiglia sapendo che saprete superare questi tragici momenti con la forza che vi ha sempre contraddistinti.

Come inviarlo?

Una volta definito il messaggio del telegramma di condoglianze, si pone il problema dell’invio.
Il metodo classico consiste nel recarsi in uno degli uffici postali della propria città e compilare l’apposito modulo, che conterrà il testo del messaggio precedentemente formulato (per evitare azioni frettolose dell’ultimo minuto) e, ovviamente, le informazioni per il recapito.

Se invece si vuole optare per una modalità più pratica, veloce e attiva 24 ore su 24, è possibile collegarsi al sito web https://www.poste.it/gamma/telegramma.html o scaricare l’app Poste Italiane, e seguire tutte le indicazioni passo per passo: il servizio provvederà a recapitare il vostro messaggio al destinatario, in forma cartacea. Quale sia la modalità che si sceglie di utilizzare, il costo varia a seconda delle parole utilizzate e a eventuali servizi accessori, come il tracciamento.

Solitamente, a seguito della ricezione di tale telegramma, è buona norma rispondere alle condoglianze dimostrate attraverso un semplice bigliettino di ringraziamento, con su scritto “La/e famiglia/e (nome) sentitamente ringrazia.”

Come spesso si usa dire, non ci sono parole per descrivere a pieno il dolore per la perdita di una persona cara. Esistono però piccoli gesti che, pur nella loro semplicità, raccontano tanto della sensibilità di ognuno e dell’affetto che vogliamo trasmettere a quella particolare persona: una frase sussurrata che aiuta, seppure in piccola parte, a riempire il vuoto improvviso della mancanza.

Il rosso come colore del lutto

A contrario dell’usanza odierna, che associa al periodo di cordoglio il colore nero, in passato, il colore di rappresentanza per il lutto era tuttavia il rosso.

Da dove arriva l’usanza del rosso come colore del lutto?

Il rosso è stato il primo dei colori ad essere associato ed utilizzato per rappresentare la morte. Questa usanza trova la sua nascita nell’antichità, più precisamente nella preistoria, quando gli uomini erano soliti dipingere le spoglie e le tombe dei propri defunti con il colore rosso.

Nel tempo, l’utilizzo di questo colore si è tramandato e ha trovato spazio nella cultura delle principali popolazioni antiche. Gli antichi Romani, ad esempio, vestivano gli stessi defunti con indumenti di colore rosso, mentre gli Egizi avevano come pratica quella di ricoprire i sarcofagi con teli rossi ed indossare abiti del medesimo colore.

In Germania, invece, alcuni studiosi hanno riportato di aver trovato, in documenti antichissimi, diversi proverbi in relazione alla morte dove questo colore veniva spesso menzionato.

Il significato del colore rosso in passato.

Per i nostri antenati questo colore simboleggiava le forze vitali primordiali, essendo strettamente correlato sia al fuoco che al sangue. Sempre in relazione a quest’ultimo, miti antichi ne collegano la simbologia all’origine della vita stessa.

Il rosso dunque è il primo colore a simboleggiare questa dicotomia tra vita e morte. Naturalmente, ogni genere di attribuzione di significato, ai colori, è strettamente correlata a contesti culturali e momenti storici. In relazione alle pratiche menzionate nel precedente paragrafo, si suppone che l’intenzione era proprio quella di trasmettere al defunto, o in qualche modo mantenere, attraverso il colore, l’energia vitale di cui si era privato il corpo al momento del trapasso.

I colori del lutto al giorno d’oggi

Ancora oggi, in alcuni paesi dell’Africa, il rosso è rimasto il colore del lutto; mentre in occidente l’utilizzo ne è limitato alla sola celebrazione funeraria di un Papa.

Come ormai noto, invece, nella cultura orientale il colore predominante per un funerale è il bianco, in quanto ricorda pallore del defunto. Vestirsi di bianco ad un funerale è un’usanza ben radicata e proprio per questa correlazione con il colorito della pelle è un colore vietato durante le feste ed occasioni gioiose.

In Italia e in Europa il colore per antonomasia associato alla morte è il nero, tramandato nella nostra cultura dal momento dell’avvento del Cristianesimo. Ad oggi, le tradizioni tramandate, ed ancora in utilizzo, riguardano l’uso di abiti scuri e l’accuratezza nell’evitare colori sgargianti e capi d’abbigliamento appariscenti, in segno di rispetto non solo al defunto ma anche ai familiari.

Cremazione e ceneri in casa, ecco come fare

Cremazione e ceneri in casa, ecco il vademecum

Quella della tumulazione della salma è, ancora oggi, la scelta post-mortem preferita dagli italiani. Ciò nonostante, la cremazione (ovvero la volontà di ridurre in cenere i propri resti corporei), anche nel nostro Paese, è in costante aumento.

È possibile conservare le ceneri dei propri cari in casa?

Sì, la legge (l. 130/2001) ammette che, dopo la cremazione le ceneri restino in casa. In questo modo si aggiorna la precedente normativa (l’art. 340 del r.d. 1265/1934). L’aleatorietà di alcuni aspetti della nuova legge è stata tuttavia sanata solo con la pronuncia del Consiglio di Stato del 2003 (il parere 2957/3 del 29 ottobre 2003), che ha, di fatto, ratificato la possibilità che le ceneri possano essere affidate alla famiglia del defunto. Tuttavia, benché la legge consenta di custodire a casa le ceneri dei propri cari, occorre rispettare in maniera rigorosa alcune norme.

Cosa dice la legge?

L'affidamento delle proprie ceneri (ossia l'indicazione del "custode" dell'urna), al pari della volontà di essere cremati, deve essere formulato per iscritto. 

Dunque 1) all’interno di una disposizione testamentaria, 2) espressa in maniera verbale ai parenti più prossimi (in assenza del coniuge), 3) in presenza di un'iscrizione del defunto ad associazioni riconosciute che abbiano tra i propri fini statutari quello della cremazione dei cadaveri dei propri associati. In ogni caso, l'affidamento delle ceneri dev'essere sempre autorizzato dall'ufficiale dello Stato civile del Comune di decesso.

Identificazione del defunto: è obbligatoria la targa?

Sì, è sempre obbligatorio garantire l’identificazione del defunto. Pertanto, sull'urna dovrà essere apposta una targa ben riconoscibile con nome, cognome, data di nascita e del decesso.

Quali caratteristiche deve avere l'urna cineraria? 

I requisiti sono indicati dai singoli comuni, ma dev'essere composta da un materiale resistente ed infrangibile. Tuttavia, non è prescritto uno spessore minimo del materiale di realizzazione (normalmente metalli zincati, ma anche legni). L’urna è divisa in due parti: quella interna di zinco o plastica che contiene le ceneri; e la parte esterna solitamente costituita da materiali pregiati, come marmi, legni, argenti e ceramiche.

Come va custodita l’urna cineraria?

Avere cura dellʼurna è un dovere giuridico, anche perché la manomissione dei sigilli o la dispersione del contenuto, senza alcuna autorizzazione, può comportare gravi responsabilità penali (il codice infatti punisce la sottrazione e la distruzione del cadavere, anche se cremato, con la reclusione da due mesi a un anno e con la multa da 2.582 a 12.911 euro). Per questo, al momento della consegna, viene redatto un verbale che identifica l'affidatario, ovvero colui che si assume la responsabilità giuridica della custodia dell'urna.

Chi controlla?

La corretta collocazione dellʼurna è sottoposta a controlli da parte della Polizia Municipale (https://www.poliziamunicipale.it/) e ispezioni da parte di personale del comune.

Dove collocare l'urna?

Lʼurna deve essere conservata in luogo sicuro e stabile, lontano da possibili aperture o rotture casuali e accidentali o profanazioni. Una volta affidata, l’urna non può essere spostata a proprio piacimento, ad esempio portandola con sé in una diversa abitazione. Anche in questo caso occorrerà una specifica autorizzazione.

E se l'affidatario cambia idea?

L’affidatario dellʼurna può decidere di rinunciare alla conservazione della stessa con una dichiarazione sottoscritta all’Ufficiale dello Stato Civile, restituendo così lʼautorizzazione ricevuta e impegnandosi a collocare l’urna in cimitero pagandone le dovute spese.

Il significato delle composizioni floreali nei riti funebri

Sin dall’antico Egitto, ma anche prima, nelle tribù del Neolitico (oltre 12 mila anni fa), esisteva la tradizione culturale/religiosa di donare fiori ad un defunto.

I fiori, infatti, rappresentano l’immortalità dell’anima ed un ciclo infinito; per questo è davvero importante accompagnare un caro defunto nel suo ultimo viaggio, con queste ritualità.

 

Nelle diverse culture e religioni del mondo cambiano spesso i fiori e i colori (ad esempio in estremo Oriente il colore del lutto è il bianco), ma il gesto in sé rimane sempre dello stesso significato: il dover accompagnare il defunto con corone floreali, rami intrecciati e composizioni di vario genere, resta sempre e comunque una tradizione che accomuna la maggior parte delle culture.

 

Non è sempre facile in questi momenti delicati, sapere quali sono i fiori giusti da regalare, ma ci sono alcuni accorgimenti fondamentali da seguire. Innanzitutto, la composizione floreale non va consegnata direttamente ai parenti del defunto, bensì va fatta recapitare a domicilio prima del giorno del funerale.

È bene tenere a mente il significato dei vari colori: il bianco rappresenta la stima e la pace, mentre il blu, per esempio, richiama conforto e calma.
Ma è anche vero che se si conoscevano in vita i gusti del defunto, possono essere presi in considerazione ed utilizzati per la scelta dei colori.

 

Se il rapporto con il defunto era formale, si consiglia sempre di far recapitare composizioni di piantine raccolte in una cesta; mentre per i casi di conoscenza lieve, ma comunque affettuosa, sono sempre indicati calle bianche e rose bianche.

Se invece si nutriva un rapporto molto stretto con il defunto, è buona educazione creare composizioni floreali che riescano ad esprimere al massimo la sua personalità, gli interessi e le passioni. Questo genere di composizione si chiamano tributi. Il tributo può essere a forma di un libro se il defunto era un’insegnante, per esempio, o può contenere una citazione particolare, se era un fan di un determinato personaggio. 

 

Ma una cosa è certa, che siano rose, crisantemi, calle o qualsiasi altro gente di fiore, il gesto in sé sarà sicuramente molto apprezzato e regalerà una nota positiva in un momento così spiacevole.

 

Per tutte le info e per maggiori dettagli, potete rivolgervi a noi di Gori Onoranze Funebri che dal 1960 operiamo in questo settore.

FUOCHI FATUI: COSA SONO?

I fuochi fatui sono un fenomeno famoso in tutto il mondo per il misterioso e suggestivo folklore che li circonda. Potrebbe capitare a chiunque di passare accanto ad un cimitero – in piena notte – oppure nei pressi di una palude o di uno stagno, e vedere delle luci spettrali muoversi in modo bizzarro sulla strada; i fuochi fatui si manifestano di solito sotto forma di fiammelle di colore blu sopraelevate dal terreno, le quali avrebbero – secondo i racconti e le leggende – terrorizzato migliaia di viaggiatori avventuratisi nella notte. Di certo, a prima vista sembra la descrizione di un evento paranormale inspiegabile e a tratti terrificante, impossibile da comprendere razionalmente.

Per questo motivo, la scienza si è a lungo interrogata sull'origine di questo fenomeno, ancora avvolto nell'ombra e nel mistero più totale. Carica di profonda e ammaliante tradizione folkloristica, la visione di fuochi fatui è stata spiegata attraverso la combustione di elementi chimici come il metano e la fosfina che, in giornate particolarmente calde, s'incendiano a contatto con l'ossigeno e danno luogo ad una fiammata sul livello terreno dal brillante colore blu. I due elementi chimici vengono liberati da corpi organici – di animali e piante – morti da breve tempo, e provocano il fenomeno in questione a seguito di una decomposizione anaerobica del carbonio. In tal senso, qualora la bara di una tomba non fosse sigillata perfettamente, consentirebbe ai due gas di fuoriuscire durante la fase di decomposizione del cadavere e incendiarsi a contatto con l'ossigeno. 

Nonostante questa prima spiegazione, la scienza continua a interrogarsi sull'effettivo funzionamento di un evento tanto particolare, il quale rimane nell'immaginario collettivo ben lontano dall'essere razionalizzato e compreso. Dopotutto, in presenza di un fenomeno che per secoli è stato considerato come portatore di malaugurio e sventura, un processo di comprensione tecnico-scientifica fa difficoltà a prendere popolarità nel cuore delle persone.

In Europa, i fuochi fatui vengono associati allo spirito dei defunti o alla presenza di altri esseri soprannaturali che attestano la loro presenza di fronte agli sventurati viaggiatori. Durante l'epoca medievale si riteneva che le luci fossero gli spiriti dei bambini morti prematuramente e non battezzati, i quali vagassero in cerca di una sistemazione in cui riposare, lontani dal limbo.

Alcune tradizioni slave e gaeliche attribuiscono i fuochi fatui a persone morte per cause sconosciute o poco chiare; in Asia e in particolar modo in Giappone essi vengono chiamati Hitodama (sfera umana) e sono segno di sventura per l'avventato viaggiatore notturno. Nelle foreste nipponiche questi spiriti onibi traggono in inganno i presenti, trascinandoli nel cuore di foreste impossibili da attraversare. 

Le leggende si spostano in territorio anglosassone, in cui i fuochi fatui vengono attribuiti alla sfortunata morte di due personaggi molto particolari (che danno anche il nome britannico al fenomeno): Will-o’-the-Wisp e Jack-o’-lantern. Entrambi sono costretti a vagare senza meta per l'eternità: il fabbro Will fu incapace di redimersi dopo la sua morte e fu condannato da San Pietro a un vagabondaggio cieco e disperato sulla Terra; Jack l'alcolizzato fu invece allontanato sia dal Paradiso che dall'Inferno per il suo stolto tentativo d'ingannare il diavolo. I personaggi della leggenda si divertono, nell'immaginario collettivo, a depistare i viaggiatori nei boschi, così da condannarli alla loro stessa pena. 

I fuochi fatui, rappresentano quel mix fra tradizione, folklore e tentativo di comprensione scientifica del fenomeno, che è ancora in grado di suggestionare a distanza di secoli.

Il Museo delle Mummie a Guanajuato in Messico

Guanajuato è considerata una delle più belle città del Messico, dichiarata Patrimonio dell'UNESCO: sorge nella Sierra Madre a 2000 metri di altezza e raggiunse il suo periodo di massimo splendore nell'era coloniale, ben evidente nel coloratissimo centro storico.

Sorprende il tessuto urbano formato da scalinate, strade alberate che sbucano inaspettatamente dai fianchi delle montagne e angusti vicoli come il Callejon del Beso: bisogna infatti sapere che il tutto è frutto della riconversione di fiumiciattoli sotterranei in graziose vie pedonali.

Oltre alla Universidad di Guanajuato, alla casa natale di Diego Rivera e alla chiesa di San Cayetano, un'altra delle più importanti attrazioni della città che attira milioni di turisti da tutto il mondo è El Museo de las Momias.

 

L'inquietante Museo delle Mummie di Guanajuato 

 

Il Museo delle Mummie di Guanajuato ha sede sul Cerro Trozado nel Pantheon Municipal di Santa Paula: chi si aspetta uno spazio espositivo con mummie simili a quelle egizie, che hanno subito una precisa operazione di imbalsamazione e avvolte in bende che spesso ne celano il volto, rimarrà deluso.

Il museo di Guanajuato è molto di più: le mummie sono esposte dietro teche di vetro e appoggiate su cuscini di velluto; alcune si sono conservate quasi perfettamente in modo naturale e con espressioni a dir poco terrificanti; altre hanno ancora pelle, denti, capelli e brandelli di abiti; mentre le mummie più piccole dei bambini, si presentano vestite da angioletti, come voleva la tradizione.

Tutto comincia nel 1833 quando Guanajuato fu colpita da una devastante epidemia di colera che causò migliaia di morti tra la popolazione, tutti poi debitamente seppelliti.

Qualche decennio dopo, nel 1865, il governo cittadino impose il pagamento di una tassa per il mantenimento dei cadaveri nel cimitero: ma non tutti i famigliari erano nelle condizioni economiche tali da potersi permettere di far fronte a questo tributo. Per tale motivo le istituzioni disposero il disseppellimento delle salme appartenenti alle famiglie inadempienti: la sorpresa fu incredibile quando ci si trovò davanti a 111 corpi perfettamente e inspiegabilmente conservati.

Gli studiosi hanno certamente evidenziato che sulla imbalsamazione naturale hanno inciso le condizioni particolarmente alcaline del terreno, l'aria fredda e secca, oltre all'isolamento dei microrganismi. Ciò che però che è misterioso è che solo alcuni corpi si sono mummificati a differenza di altri: la credenza popolare vede questa prodigiosa conservazione come una punizione divina per i peccati commessi quando questi erano in vita.

 

Lo sgomento sui loro volti

 

La cosa che però più inquieta chi visita il Museo delle Mummie di Guanajuato sono i volti delle mummie: hanno infatti quasi tutte espressioni terrorizzate, cristallizzate dalla morte sopraggiunta e il motivo è ancora più spaventoso.

La peste infatti era un'epidemia che si diffondeva assai velocemente e si cercava di arginarla seppellendo i morti con così tanta fretta che a volte si interravano anche coloro che non erano ancora morti. Si possono ben immaginare lo strazio e il terrore di chi si ritrovava chiuso in una tomba sotto terra senza alcuna speranza di uscirne vivo. 

Ignacia Aguilar ad esempio è stata rinvenuta nell'atto di mordersi violentemente il braccio, con tanto di sangue in bocca: la donna, però, pare non sia morta di peste, ma per una malattia che le faceva fermare il cuore per qualche giorno. Si presume dunque che ci sia stato un momento in cui il suo cuore si sia fermato per un periodo più lungo da ingannare i propri familiari che l'hanno così creduta morta.

Il primo cadavere ad essere stato dissotterrato è stato quello del medico francese Leroy che fu deposto, assieme alle altre salme dissotterrate in seguito, nell'ossario del cimitero di Guanajuato. 

Il governo decise di spostarle poi nei sotterranei per permettere ai loro congiunti di riconoscerle e magari decidere di dare loro una degna sepoltura pagando la tassa. Da allora si sviluppò una sorta di turismo del macabro che portò il governo ad istituire il museo che oggi è uno dei simboli della città di Guanajuato.

4 quadri del passato che parlano di morte

Fin dall’antichità, la morte è stata un argomento ricorrente anche nell’arte e soprattutto nella pittura.

Di seguito i 4 quadri più impressionanti che parlano di morti cruente:

La morte di Marat – Edvard Munch

Cliccate qua per vedere il quadro!
Questo quadro è un’interpretazione disturbata del celebre delitto di Marat, appunto. 
Ma allo stesso tempo, quest’opera si riferisce alla fine definitiva del violento rapporto con la ex compagna Tulla Larsen: durante un litigio partì accidentalmente un colpo di pistola che ferì Munch alla mano.

Studi anatomici – Théodore Géricault 

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L’artista Théodore Géricault è meglio conosciuto per il dipinto “La zattera della Medusa” che rappresentava i superstiti di un naufragio realmente accaduto.
Il pittore rimase colpito da quella faccenda, che fece un grande scandalo ai tempi, tanto che raccolse testimonianze dai superstiti, studiò i morti in obitorio e accumulò parti di corpo umano per creare questo dipinto, che fu presentato nel 1819 al Salone di Parigi.

Giuditta che decapita Oloferne – Artemisia Gentileschi

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Era molto in voga, in quel tempo, rappresentare questo episodio nelle proprie opere, ma la versione di questa artista è molto più violenta, cruda e fisica rispetto a tutte le altre. SI legge chiaramente la voglia di Giuditta di uccidere Oloferne,senza paura e senza ripensamenti.
Una curiosità: la pittrice utilizzò proprio se stessa come modella per dipingere Giuditta.

Saturno che divora uno dei suoi figli – Francisco Goya

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Goya dipinge questo mito che narrava, appunto, che il Dio Saturno, mangiava i figli, per paura che essi si potessero ribellare in futuro.
Il pittore dipinse queste scenette culmine della sua malattia, sulle pareti di casa sua, tra il 1819 e il 1823.

I 4 siti archeologici più belli d’Italia

In Italia abbiamo veramente tutto: buon cibo, paesaggi indescrivibili, bellezze architettoniche di ogni genere e anche strepitosi siti archeologici.
Quest’ultimi non hanno di certo perso nel tempo il loro fascino: allora scopriamo insieme i 4 siti archeologici italiani da vedere almeno una volta bella vita!

 

POMPEI

Pompei è la città che venne seppellita nel 79 d.C. dal Vesuvio e il parco archeologico di Pompei  è uno dei più celebri del mondo, proprio perchè dopo l’eruzione del vulcano la popolazione fu sommersa dalla lava che ha immobilizzato le cose così com’erano.
Anni dopo anni, durante gli scavi, sono state trovati numerosi reperti e ogni volta viene scoperto qualcosa di assolutamente nuovo e affascinante.
.. Da visitare assolutamente!

 

FORO ROMANO

Il Foro Romano sorge tra il Campidoglio ed il Palatino ed un tempo era il fulcro della città: centro politico, economico e culturale.
Venne riportato alla luce durante i lavori di una ristrutturazione urbanistica e la sera, tutto illuminato, regala grandi emozioni!

 

LA VALLE DEI TEMPLI

La Valle dei Templi fu fondata nel 581 a.C., anche se a quei tempi veniva chiamata Akragas.
Questo è il sito archeologico più grande al mondo e comprende 10 templi, alcuni santuari e la necropoli.

 

PAESTUM

Questo sito archeologico si trova in Campania e ai tempi della Magna Grecia veniva chiamata Poseidonia.
Questo sito archeologico gode di un buon stato di conservazione e comprende numerosi templi, una piscina, la necropoli e un anfiteatro.